Emerge dalla materia come un frammento di forma in tensione, un grumo di energia solidificata nel momento esatto della sua espressione più alta.
Il Laocoonte si manifesta in un gioco vertiginoso di contrasti: la staticità imponente della base si contrappone alla convulsione organica della figura che vi si aggrappa. È un corpo in transizione, un’ibridazione tra l’inerzia della pietra e la tensione della materia fluida, tra l’ordine geometrico e il caos della superficie.
L’impasto cromatico, un’alternanza di tonalità chiare e sfumature terrose, suggerisce una materia in metamorfosi, ancora vibrante prima di essere fissata nel tempo. La superficie è un campo di battaglia tra lisciature e asperità, tra zone di colatura e strappi improvvisi, tra la fredda compattezza della base e la fragorosa deformazione che si innalza verso l’alto. Le torsioni e le lacerazioni che attraversano la forma sono frutto di un processo alchemico in cui la materia si contrae e si espande, si scioglie e si rapprende, conservando la memoria del fuoco che l’ha generata.
Dietro di essa, un disco profondo e lucente si staglia come un’emanazione simbolica, un elemento sospeso tra luce e ombra. Non è solo sfondo, ma tensione visiva, un’eco che amplifica la drammaticità della composizione. È il contrappunto alla lotta della forma, una presenza silenziosa ma pervasiva, che riequilibra il dinamismo convulso della scultura con la sua fredda perfezione circolare.